HealthDay
MALATTIA

Osteoporosi

DiMarcy B. Bolster, MD, Harvard Medical School
Revisionato/Rivisto ago 2022
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I fatti in Breve

L’osteoporosi è una condizione in cui una riduzione della densità indebolisce l’osso, che diventa più facilmente soggetto alle fratture (rottura).

  • L’età, la carenza di estrogeni, l’apporto insufficiente di vitamina D o di calcio e alcune patologie possono diminuire la quantità dei componenti che mantengono la densità e la forza delle ossa.

  • È possibile che l’osteoporosi non causi alcun sintomo fino a quando non si verifica una frattura.

  • Le fratture possono verificarsi esercitando poca o nessuna forza e in seguito a una banale caduta.

  • Nonostante le fratture siano spesso dolorose, alcune fratture della colonna vertebrale non causano dolore, ma possono comunque provocare deformità.

  • Il medico diagnostica le persone a rischio esaminando la densità delle loro ossa.

  • In genere l’osteoporosi si può prevenire e trattare con la gestione dei fattori di rischio, garantendo un apporto adeguato di calcio e di vitamina D, impegnandosi in esercizi di resistenza e assumendo bifosfonati o altri farmaci.

Le ossa contengono minerali quali calcio e fosforo, che le rendono dure e compatte. Per mantenere la densità ossea (o massa ossea), l’organismo richiede un adeguato apporto di calcio e di altri minerali, e deve produrre nella giusta quantità diversi ormoni, come l’ormone paratiroideo, l’ormone della crescita (ormone somatotropo), la calcitonina, gli estrogeni e il testosterone. Per assorbire il calcio dagli alimenti e depositarlo nelle ossa è necessario un adeguato apporto di vitamina D. La vitamina D viene assorbita dai cibi e viene anche prodotta dalla pelle grazie alla luce solare.

Le ossa, per adattarsi alle svariate sollecitazioni cui sono sottoposte, vengono continuamente demolite e riformate. Questo processo è noto come rimodellamento. In questo processo, piccole regioni di tessuto osseo vengono continuamente rimosse e quindi sostituite da nuovo tessuto osseo. Il rimodellamento influenza la forma e la densità delle ossa. Nei giovani, le ossa crescono in larghezza e lunghezza con la crescita corporea. In età più avanzata, le ossa possono talvolta aumentare di larghezza, ma non continuano ad allungarsi.

Perdita della densità ossea nelle donne

Nelle donne la densità (o massa) ossea aumenta progressivamente fino all’età di 30 anni circa, quando le ossa sono al massimo della robustezza. Dopo tale periodo, la densità ossea si riduce gradualmente. La perdita di densità ossea accelera dopo la menopausa, che avviene in media intorno all’età di 51 anni.

Poiché nei primi anni dell’età adulta viene formato più tessuto osseo di quanto non se ne degeneri, si ha un aumento progressivo della densità fino all’età di 30 anni circa, quando si raggiunge la massima resistenza. In seguito, quando la demolizione supera la formazione, la densità ossea diminuisce gradualmente. Se l’organismo non è in grado di mantenere un livello adeguato di formazione ossea, le ossa continuano a perdere densità e divengono sempre più fragili, dando luogo infine all’osteoporosi.

Tipi di osteoporosi

Negli Stati Uniti, circa 8 milioni di donne e 2 milioni di uomini sono affetti da osteoporosi. Esistono due tipi principali di osteoporosi:

Osteoporosi primaria

Più del 95% dei casi di osteoporosi nelle donne e l’80% dei casi negli uomini sono dovuti a osteoporosi primaria. La maggior parte dei casi si manifesta nelle donne in periodo post-menopausa e negli uomini anziani.

Una delle cause principali dell’osteoporosi è la carenza di estrogeni, in particolare la loro rapida diminuzione, che si verifica durante la menopausa. La maggior parte degli uomini di età superiore ai 50 anni presenta livelli di estrogeni superiori rispetto alle donne in post-menopausa, pur presentando anch’essi un declino di questi ultimi a causa dell’invecchiamento, e gli scarsi livelli di estrogeni sono associati ad osteoporosi sia negli uomini sia nelle donne. La carenza di estrogeni aumenta l’incidenza di deplezione ossea e provoca una rapida perdita ossea. Negli uomini, anche lo scarso livello di ormoni sessuali maschili contribuisce all’osteoporosi. La perdita di densità ossea può essere ancora maggiore in caso di apporto insufficiente di calcio o di vitamina D. Bassi livelli di vitamina D provocano una carenza di calcio e aumentano l’attività delle paratiroidi, causando un rilascio eccessivo di ormone paratiroideo (vedere Iperparatiroidismo), che può a sua volta favorire la deplezione ossea. Per motivi sconosciuti, diminuisce anche la produzione ossea.

Una serie di altri fattori, come certi farmaci, l’uso di tabacco, il forte consumo di alcolici, un’anamnesi familiare di osteoporosi (ad esempio, se i genitori hanno subito fratture dell’anca) e una bassa statura corporea aumentano il rischio di perdita ossea e di sviluppo di osteoporosi nelle donne. Questi fattori di rischio sono importanti anche negli uomini.

Osteoporosi secondaria

Meno del 5% dell’osteoporosi femminile e circa il 20% di quella maschile è secondaria.

Esempi di patologie che possono causare l’osteoporosi secondaria sono l’insufficienza renale cronica e i disturbi ormonali (soprattutto malattia di Cushing, iperparatiroidismo, ipertiroidismo, ipogonadismo, elevati livelli di prolattina e diabete mellito). Alcuni tipi di tumore, come il mieloma multiplo, e altre malattie croniche, come l’artrite reumatoide, possono causare l’osteoporosi secondaria. Alcuni farmaci che, se utilizzati per un lungo periodo, possono provocare osteoporosi secondaria sono, per esempio, il progesterone, i corticosteroidi, gli ormoni tiroidei, alcuni farmaci chemioterapici e i farmaci anticonvulsivanti. Il consumo eccessivo di alcol o di caffeina e il fumo di sigaretta possono contribuire all’osteoporosi.

Fattori di rischio di osteoporosi primaria

  • Familiari che soffrono di osteoporosi

  • Un regime alimentare con scarso apporto di calcio e di vitamina D

  • Vita sedentaria

  • Razza bianca o asiatica

  • Costituzione esile

  • Menopausa precoce

  • Fumo di sigaretta

  • Consumo eccessivo di alcol e di caffeina

Osteoporosi idiopatica

L’osteoporosi idiopatica è una forma rara di osteoporosi. Il termine idiopatico significa semplicemente che la causa non è nota. Questo tipo di osteoporosi compare nelle donne in pre-menopausa, negli uomini di età inferiore ai 50 anni, nei bambini e nei giovani adulti che hanno livelli ormonali e di vitamina D normali e non hanno ragioni evidenti di presentare indebolimento osseo.

Sintomi di osteoporosi

Dapprima, l’osteoporosi non causa sintomi, in quanto la riduzione della densità ossea si verifica molto gradualmente. Alcuni soggetti non sviluppano mai i sintomi. Tuttavia, quando l’osteoporosi causa la rottura di ossa (fratture), a seconda della sede della frattura, potrebbe insorgere dolore. Le fratture tendono a guarire lentamente nei soggetti affetti da osteoporosi e potrebbero portare a deformità come la curvatura della colonna vertebrale.

Nelle ossa lunghe, come quelle delle braccia e delle gambe, la frattura si verifica in genere alle estremità delle ossa anziché al centro. Le fratture delle ossa lunghe sono solitamente dolorose.

Le ossa della colonna (vertebre) sono particolarmente a rischio di fratture da osteoporosi. Queste fratture sono quelle più comunemente correlate all’osteoporosi. Si verificano solitamente nella parte centrale o bassa della schiena. In genere, il corpo a forma di tamburo di una o più vertebre collassa su sé stesso e si comprime assumendo la forma di un cuneo. Queste fratture vertebrali da compressione possono verificarsi in soggetti con qualsiasi tipo di osteoporosi, compresi quelli che assumono farmaci che causano la perdita di densità ossea. Le vertebre indebolite possono collassare spontaneamente o dopo un trauma modesto. La maggior parte di queste fratture vertebrali da compressione non causa dolore. Tuttavia, il dolore può svilupparsi iniziando di solito improvvisamente, localizzandosi in una zona particolare della schiena e peggiorando quando il soggetto sta in piedi o cammina. La zona può essere dolente. In genere il dolore e la dolorabilità iniziano a scomparire gradualmente dopo 1 settimana. Tuttavia, un dolore persistente può durare per mesi o essere costante. Se si rompono diverse vertebre, può svilupparsi una curvatura anomala della colonna vertebrale (cifosi, definita anche gobba della vedova) che causa stiramento e dolore muscolare nonché deformità.

Le fratture da fragilità sono fratture causate da uno sforzo o da una caduta relativamente banali, come una caduta dalla posizione eretta, seduta o distesa, ad esempio dal letto, che normalmente non causerebbe la frattura di un osso sano. Le fratture da fragilità si verificano comunemente nel polso, nell’anca e nella colonna vertebrale (fratture vertebrali da compressione). Possono esservi interessate altre ossa come l’estremità superiore dell’osso del braccio (omero) e la pelvi.

La frattura dell’anca, uno dei tipi più gravi di frattura, è una causa importante di invalidità e perdita di indipendenza per gli anziani.

Le fratture del polso si verificano spesso, in particolare nelle donne con osteoporosi postmenopausale.

Le persone che hanno subito una frattura un fattore della quale era l’osteoporosi, hanno un rischio molto maggiore di subire più fratture di questo tipo.

Le fratture di naso, costole, clavicola e ossa del piede non sono considerate fratture correlate all’osteoporosi.

Sapevate che...

  • Le persone che hanno subito una frattura correlata all’osteoporosi corrono un rischio molto maggiore di subire altre fratture di questo tipo.

Diagnosi di osteoporosi

  • Densitometria ossea

  • Esami per cause e fattori di rischio

Un medico può sospettare l’osteoporosi nelle seguenti categorie di persone:

  • Tutte le donne a partire dai 65 anni di età

  • Donne in menopausa di età inferiore ai 65 anni, che presentano fattori di rischio per l’osteoporosi

  • Tutti gli uomini e le donne che hanno avuto una frattura pregressa senza o con poca forza, anche se la frattura si è verificata in età giovane

  • Adulti a partire dai 65 anni di età che soffrono di mal di schiena inspiegabile o che presentano una perdita di almeno 3 centimetri (1,2 pollici) in altezza

  • Persone le cui ossa appaiono sottili oppure che presentano fratture da compressione vertebrale all’esame radiografico

  • Persone a rischio di sviluppare l’osteoporosi secondaria

Se si sospetta osteoporosi e non sono ancora state eseguite radiografie, il medico potrebbe ordinarle per diagnosticare una frattura. Alcuni riscontri radiografici possono indicare osteoporosi, tuttavia la diagnosi viene confermata mediante la densitometria ossea.

Densitometria ossea

La valutazione della densità ossea può essere utilizzata per riscontrare o confermare una sospetta osteoporosi, anche prima che si verifichi una frattura.

La densitometria ossea (dual-energy x-ray absorptiometry, DEXA) è l’esame più utile della densità ossea. La DEXA esegue radiografie ad alta e bassa energia della colonna vertebrale e dell’anca, che sono le sedi in cui è probabile che si verifichino le fratture maggiori. La differenza tra le letture radiografiche ad alta e bassa energia consente al medico di calcolare la densità ossea. Il risultato viene riportato come un valore “T-score”, che confronta la densità ossea di una persona con la densità di una persona sana dello stesso sesso e razza/etnia all’età del picco di massa ossea, che è di circa 30 anni. Più bassa è la densità ossea, minore è il “T-score”. Un “T-score” pari o inferiore a -2,5 definisce l’osteoporosi. La DEXA è un esame indolore, con pochissime radiazioni e che può essere effettuato in 10-15 minuti. Può essere utile per monitorare la risposta al trattamento e per porre la diagnosi. Inoltre, la DEXA può evidenziare l’osteopenia, una condizione in cui la densità ossea è ridotta, ma non in modo così grave come nell’osteoporosi. I soggetti che soffrono di osteopenia presentano anche un maggior rischio di fratture.

I soggetti che già assumono un bifosfonato o un agente anabolico devono ripetere regolarmente la DEXA per monitorare l’efficacia del trattamento.

Altri esami

Possono essere effettuati esami del sangue per misurare i livelli di calcio, vitamina D e di alcuni ormoni.

Possono essere necessari ulteriori esami per escludere altre condizioni trattabili che possono causare osteoporosi. Se si riscontra una di queste condizioni, si parla di diagnosi di osteoporosi secondaria.

Prevenzione dell’osteoporosi

La prevenzione dell’osteoporosi è in genere più efficace del trattamento, dal momento che è più facile prevenire la perdita di densità ossea che ripristinare la densità una volta perduta. Si raccomandano misure preventive a chiunque abbia una perdita di densità ossea o presenti fattori di rischio di perdita ossea, indipendentemente dal fatto che abbia subito o meno una frattura correlata all’osteoporosi. La prevenzione dell’osteoporosi prevede

  • la gestione dei fattori di rischio (ad esempio, smettere di fumare ed evitare un consumo eccessivo di alcolici)

  • il consumo di quantità adeguate di calcio e vitamina D

  • l’esecuzione di attività fisica sotto carico (come camminare, fare le scale o sollevamento pesi)

  • l’assunzione di determinati farmaci (per alcuni soggetti che presentano già una lieve perdita ossea [osteopenia])

Alcune misure possono aiutare a prevenire le fratture. Molte persone anziane sono a rischio di cadute, a causa di un impoverimento della coordinazione e dell’equilibrio, calo della vista, debolezza muscolare, stato confusionale e uso di farmaci che provocano giramenti di testa in posizione eretta o che causano stato confusionale. Un aiuto può derivare dalla modifica dell’ambiente domestico per migliorare la sicurezza e dallo sviluppo di un programma di attività fisiche con un fisioterapista per aiutare a prevenire le cadute. Gli esercizi di rafforzamento, esteso anche ai muscoli centrali del corpo (core strengthening), possono contribuire a migliorare l’equilibrio.

Trattamento dell’osteoporosi

  • Calcio e vitamina D

  • Esercizi di resistenza

  • Farmaci

  • Trattamento delle fratture

Il trattamento dell’osteoporosi implica anche un’assunzione adeguata di calcio e di vitamina D nonché la pratica di esercizi sotto carico (come camminare, fare le scale o sollevare pesi, tutti elementi che rafforzano le ossa). In genere, è consigliato il trattamento farmacologico. Quando trattano un soggetto affetto da osteoporosi, i medici si occupano anche di condizioni e fattori di rischio che possono peggiorare l’osteoporosi.

Calcio e vitamina D

È utile anche l’assunzione di quantità adeguate di sostanze nutritive, in particolare calcio e vitamina D, soprattutto prima che venga raggiunta la massima densità ossea (intorno ai 30 anni), ma anche dopo tale periodo. La vitamina D aiuta l’organismo ad assorbire il calcio.

Tutti gli uomini e le donne dovrebbero consumare almeno 1000 milligrammi di calcio ogni giorno. Le donne in età postmenopausale, gli uomini anziani, i ragazzi durante la pubertà e le donne in gravidanza o in allattamento potrebbero aver bisogno di 1200-1500 milligrammi al giorno. Il calcio negli alimenti è preferibile agli integratori di calcio. Gli alimenti ricchi di calcio sono i latticini (come latte e yogurt), alcune verdure (come i broccoli), le bevande a base di frutti a guscio (come il latte di mandorle) e i frutti a guscio (come le noci macadamia). Vedere la tabella Quantità di calcio in alcuni alimenti.

Tuttavia, se un soggetto non assume le quantità raccomandate unicamente attraverso la dieta, deve prendere un integratore. Sono disponibili molti preparati a base di calcio, e alcuni includono anche un’integrazione di vitamina D. Gli integratori più comuni sono carbonato di calcio o citrato di calcio. Gli integratori di citrato di calcio vanno assunti da coloro che prendono un inibitore degli acidi gastrici (come ad esempio un H2-bloccante o un inibitore della pompa protonica, come l’omeprazolo, che servono a ridurre la produzione di acido gastrico) o che sono stati sottoposti a un intervento chirurgico di bypass gastrico.

Sarebbe opportuno per i soggetti con osteoporosi assumere un’integrazione di 600-800 unità internazionali (UI) di vitamina D al giorno. I soggetti con osteoporosi con carenza di vitamina D potrebbero avere bisogno di dosi più elevate. A volte, i medici controllano il livello di vitamina D nel sangue per determinare la quantità di vitamina D supplementare necessaria. Le fonti alimentari più comuni di questa vitamina sono gli alimenti arricchiti, soprattutto cereali e latticini. La vitamina D è inoltre presente nell’olio di fegato di pesce e nel pesce grasso. In genere gli integratori di vitamina D vengono somministrati in forma di colecalciferolo, la forma naturale di vitamina D, o di ergocalciferolo, la forma sintetica di origine vegetale.

Tabella

Esercizi di resistenza

Gli esercizi di resistenza, come camminare e salire le scale, aumentano la densità ossea. Gli esercizi che non comportano resistenza con carico, come il nuoto, non aumentano la densità ossea, ma aumentano però il tono muscolare e l’equilibrio, riducendo il rischio di cadute. La maggior parte degli esperti consiglia circa 30 minuti di esercizio di resistenza sotto carico al giorno. Un fisioterapista può mettere a punto un programma di attività fisica sicuro e dimostrare come eseguire le attività quotidiane minimizzando il rischio di cadute e fratture vertebrali.

È curioso notare che nelle donne in premenopausa elevati livelli di attività fisica, come nel caso delle atlete, possono in realtà causare una piccola riduzione della densità ossea, perché tali esercizi inibiscono la produzione di estrogeni da parte delle ovaie.

Farmaci

La maggior parte dei farmaci è utilizzata sia per la prevenzione sia per il trattamento dell’osteoporosi.

I bifosfonati (alendronato, risedronato, ibandronato e acido zoledronico) sono utili nella prevenzione e nel trattamento di tutti i tipi di osteoporosi e sono solitamente i primi farmaci utilizzati. I bifosfonati si sono dimostrati validi nel ridurre il turnover osseo, e quindi la perdita ossea, nonché il rischio di fratture. L’alendronato e il risedronato possono essere assunti per bocca (per via orale). L’acido zoledronico può essere somministrato in vena (per via endovenosa). L’ibandronato può essere assunto per via orale o endovenosa.

Il bifosfonato per via orale deve essere deglutito con un bicchiere d’acqua (250 ml) al risveglio, a stomaco vuoto. Non si deve assumere alcun altro alimento, bevanda o farmaco per i 30-60 minuti successivi, perché gli alimenti presenti nello stomaco possono ridurre l’assorbimento del farmaco. Poiché i bifosfonati orali possono irritare la mucosa esofagea, il soggetto non deve coricarsi per almeno 30 minuti (60 minuti per l’ibandronato) dopo avere assunto la dose. Alcuni soggetti, inclusi quelli che hanno difficoltà di deglutizione, sintomi gastrointestinali (ad esempio, bruciore allo stomaco o nausea) e alcuni disturbi dell’esofago o dello stomaco, non devono assumere bifosfonati per via orale. Questi soggetti possono assumere l’ibandronato o l’acido zoledronico per via endovenosa. Inoltre, le seguenti persone non devono assumere bifosfonati:

  • Donne in gravidanza o che allattano

  • Persone con bassi livelli di calcio nel sangue

  • Persone che soffrono di malattie renali gravi

Attualmente, i medici non sanno per quanto tempo i soggetti dovranno assumere bifosfonati. Tuttavia, è chiaro che non vanno assunti per sempre a causa del rischio di effetti collaterali. La maggior parte delle persone deve assumere questi farmaci per 3 o 6 anni, altre possono averne bisogno fino a 10 anni. Spetta al medico decidere per quanto tempo sia necessario assumere un bifosfonato, in base alle condizioni mediche del soggetto e ai fattori di rischio di frattura. Durante e dopo il trattamento con un bifosfonato, generalmente il medico esegue esami periodici per determinare se la massa ossea sta diminuendo. Se la massa ossea sta diminuendo dopo aver interrotto l’assunzione del bifosfonato, si può ricominciare il trattamento con un bifosfonato o un altro farmaco.

L’osteonecrosi della mandibola è una condizione rara che si è presentata in alcuni soggetti che assumono bifosfonati, denosumab o romosozumab. In questa condizione, l’osso mandibolare guarisce con difficoltà, soprattutto nei soggetti che hanno subito interventi odontoiatrici invasivi con coinvolgimento dell’osso mandibolare. Il rischio di sviluppare osteonecrosi della mandibola è eccezionalmente basso nei soggetti che assumono bifosfonati, e i potenziali vantaggi del trattamento dell’osteoporosi per prevenire le fratture ossee generalmente sono di gran lunga superiori ai potenziali rischi. Usati attenendosi alle prescrizioni, i bifosfonati prevengono molte più fratture rispetto ai casi di osteonecrosi della mandibola che potrebbero causare. I soggetti che assumono bifosfonati per via endovenosa, che sono stati sottoposti a radioterapia della testa e del collo per trattare un tumore, o una combinazione di questi, sono a rischio più elevato.

L’uso a lungo termine di bifosfonati può aumentare il rischio di sviluppare fratture non comuni dell’osso della coscia (femore). Per ridurre il rischio di queste fratture, il medico può far interrompere l’assunzione di bifosfonati per almeno 1-2 anni. Questi periodi di tempo programmati sono definiti vacanze dai bifosfonati o dai farmaci. Il medico valuta attentamente la durata di una vacanza dai bifosfonati basando la propria decisione su determinati fattori quali l’età del soggetto, gli esiti della DEXA, la presenza o meno di fratture pregresse e la probabilità di cadere. I soggetti in vacanza dai bifosfonati devono essere regolarmente monitorati per determinare l’eventuale riduzione della densità ossea. Poiché il rischio di frattura aumenta durante i periodi di sospensione, i medici cercano di equilibrare i benefici dei bifosfonati con i possibili effetti collaterali.

In generale, se utilizzati attenendosi alle prescrizioni, i bifosfonati per prevenire le fratture ossee registrano benefici di gran lunga superiori ai potenziali rischi.

La calcitonina, che inibisce la deplezione ossea, è stata studiata per il trattamento dell’osteoporosi. La calcitonina non riduce il rischio di frattura, ma può contribuire ad alleviare il dolore causato dalle fratture vertebrali. La calcitonina è solitamente assunta tramite spray nasale. Il suo impiego può ridurre i livelli di calcio nel sangue che, pertanto, devono essere monitorati.

La terapia ormonale (ad esempio con estrogeni) aiuta a conservare la densità ossea nelle donne e può essere utilizzata come prevenzione o trattamento. Tale terapia è efficace soprattutto quando viene iniziata entro 4-6 anni dalla menopausa, ma anche quando viene iniziata più avanti può rallentare la perdita di osso e ridurre il rischio di fratture. Tuttavia, dal momento che per molte donne i rischi della terapia ormonale possono essere superiori ai vantaggi, molto spesso la terapia ormonale non è l’opzione terapeutica utilizzata. Le decisioni riguardanti una terapia sostitutiva di estrogeni dopo la menopausa sono complesse (vedere Terapia ormonale per la menopausa).

Il raloxifene è un farmaco simile agli estrogeni che può essere efficace nella prevenzione e nel trattamento della perdita ossea, ma senza alcuni degli effetti collaterali negativi degli estrogeni. Il raloxifene viene prescritto ai soggetti che non possono o preferiscono non assumere bifosfonati. Il raloxifene può ridurre il rischio di fratture vertebrali e potrebbe ridurre il rischio di tumore mammario invasivo.

Gli uomini non traggono beneficio dagli estrogeni, ma possono beneficiare di una terapia sostitutiva testosteronica se i livelli di testosterone sono bassi.

Quanto a prevenzione della perdita ossea, denosumab è simile ai bifosfonati. Denosumab viene somministrato ambulatorialmente come iniezione sottocutanea due volte all’anno. Analogamente ai bifosfonati, denosumab causa molto raramente l’osteonecrosi della mandibola e può aumentare il rischio di subire fratture insolite del femore. Denosumab è stato studiato in pazienti con malattia renale cronica e, con l’opportuno monitoraggio, il suo utilizzo è stato dichiarato sicuro. I soggetti che assumono denosumab non devono saltare dosi o sospendere il farmaco poiché eventuali ritardi nella somministrazione o la sospensione del farmaco potrebbero causare una perdita della densità ossea con conseguente aumento del rischio di fratture vertebrali.

Romosozumab aumenta la densità ossea dell’anca e del rachide lombare e riduce il rischio di frattura nelle donne in post-menopausa. Romosozumab viene somministrato mediante iniezione una volta al mese per 1 anno. Romosozumab è sconsigliato nei 12 mesi successivi a un attacco cardiaco o a un ictus.

Gli agenti anabolici (teriparatide e abaloparatide) aumentano la formazione di nuova materia ossea, aumentano la densità ossea e diminuiscono la probabilità di fratture. Il teriparatide (una forma sintetica di ormone paratiroideo) e l’abaloparatide (un farmaco simile all’ormone paratiroideo) devono essere iniettati quotidianamente. Questa terapia è utilizzata in alcune persone che

  • sviluppano una perdita ossea marcata o nuove fratture durante il trattamento con un bifosfonato

  • non possono assumere bifosfonati

  • presentano un’osteoporosi particolarmente grave o molte fratture (in particolare fratture vertebrali)

  • sono affette da osteoporosi causata da corticosteroidi

Romosozumab agisce anche come agente anabolizzante.

Trattamento di dolore e fratture

Il mal di schiena derivante da frattura da compressione vertebrale può essere trattato con antidolorifici e a volte con calore umido e massaggi e/o dispositivi di supporto (come un corsetto). Per diminuire il dolore causato dalle fratture vertebrali, è possibile che venga prescritta calcitonina. Gli esercizi di rafforzamento dei muscoli dorsali possono aiutare a migliorare il mal di schiena cronico. Dopo una frattura, in genere si deve evitare il riposo a letto e di sollevare pesi. Non appena possibile vanno eseguiti esercizi sotto carico.

Le fratture dovute a osteoporosi devono essere trattate. Nel caso di fratture dell’anca, in genere l’articolazione viene stabilizzata e si procede alla sostituzione chirurgica di una parte o di tutta l’anca. Per la frattura del polso, può essere necessario un intervento chirurgico oppure l’ingessatura. Inoltre, coloro che hanno subito una frattura correlata a osteoporosi devono essere trattati con un farmaco antiosteoporotico e assicurarsi di assumere quantità adeguate di calcio e vitamina D.

Una vertebra collassata può essere riparata con una procedura definita vertebroplastica. In tale procedura, che richiede circa un’ora per ogni vertebra, si inietta un materiale detto metilmetacrilato (MMA), un “cemento osseo” acrilico, nella vertebra collassata, per alleviare il dolore e ridurre la deformità. La cifoplastica è una procedura analoga, in cui si impiega un palloncino per espandere la vertebra prima di iniettare l’MMA. Con la vertebroplastica e la cifoplastica è possibile ridurre la deformità dell’osso nel quale è stato iniettato MMA, ma il rischio di fratture nelle ossa adiacenti della colonna o nelle costole non diminuisce e può addirittura aumentare. Altri rischi possono includere fratture delle costole, perdita di cemento ed eventualmente problemi a cuore e polmoni. Non è stato stabilito chiaramente quando vadano eseguite queste procedure.

Ulteriori informazioni

La seguente risorsa in lingua inglese può essere utile. Si prega di notare che IL MANUALE non è responsabile del contenuto di questa risorsa.

The National Osteoporosis Foundation: informazioni su come prevenire l’osteoporosi e le fratture ossee e sulla promozione di ossa forti per tutta la vita